Aaah, adoro questo divano! Il corpo sparapanzato al limite dell’affondamento, la testa incastonata tra i cuscini e in faccia un sorriso serafico. Peccato solo per le prestazioni... non ha scatto, è pesante e poco reattivo nei cambi di direzione, inoltre le molle risultano pigre e con poco freno idraulico. Tutt’altra storia la mia mountain bike biammortizzata. In questo caso il comfort è secondario, ma i risultati sul campo, cioè quello che più interessa e per cui sono state studiate le sospensioni, risultano enfatizzati. Certo, avere delle sospensioni sulla bici indubbiamente allevia un po’ di stress al corpo del biker, ma non è lo scopo primario e chi ha avuto la possibilità di guidare una MTB completamente rigida su una mulattiera in discesa sa perfettamente quale sollievo fisico comporta passare ad una forcella ammortizzata o ad una full suspension, ma conosce altrettanto bene anche la differenza di prestazioni rispetto ad una rigida e di come i tempi di percorrenza si riducano con un parallelo aumento della sicurezza e semplicità di guida. Il compito delle sospensioni è infatti quello di tenere il più possibile le ruote aderenti al terreno in modo da consentire al biker, oltre ad un maggiore controllo sulle asperità, anche un miglioramento della trazione, della frenata, della tenuta in curva e della rapidità di guida, senza che gli scuotimenti possano indurre situazioni scomposte o pericolose. In questo articolo esploreremo quindi il mondo delle sospensioni e in particolare modo delle tarature, cercando però di lasciare perdere schemi, esplosi e formule complesse tra l’altro di facile reperibilità in rete o su apposite pubblicazioni, ma piuttosto immedesimandoci nell’appassionato di MTB allergico alla tecnica e che vorrebbe semplicemente sapere a cosa servono quelle affascinanti ghiere anodizzate su forcella e ammortizzatore, che tanto vorrebbe toccacciare ma che tutti gli consigliano di non farlo per evitare di rovinare completamente l’assetto e finire mestamente tra le mani di un meccanico.
EFFICIENZA
Siete pronti e frementi di cominciare a girare quei pomellini così a caro prezzo pagati e a lungo guardati con soggezione? Avete allontanato mogli e fidanzate e spento il cellulare? Scroccato le dita? Bene, ma non è ancora il momento perchè prima di cominciare qualsiasi operazione sulle sospensioni è indispensabile verificare la loro efficienza per sincerarsi che problemi e comportamenti strani non risiedano altrove. Il cannotto di sterzo deve essere esente da giochi o attriti, così come le boccole dell’ammortizzatore e i cuscinetti del carro. Inoltre la fondamentale parte relativa alla scorrevolezza potrebbe risultare danneggiata da alcuni fattori quali scarsa manutenzione (l’olio sarebbe buona norma sostituirlo almeno una volta l’anno), urti od errato montaggio. Ad esempio una precauzione per evitare un errato parallelismo dei foderi della forcella che ne comprometterebbe la scorrevolezza, è quella di montare la ruota serrandola però solo dopo aver dato almeno un paio di energiche pompate a freno tirato, in modo da effettuare un sostanzioso affondamento con automatico allineamento degli steli.
UNA BUONA MANUTENZIONE DEGLI ELEMENTI AMMORTIZZANTI
E' ALLA BASE PER UN CORRETTO FUNZIONAMENTOSOSPENSIONI
Non crediate che non sia visibile quella leggera forma di strabismo che state assumendo leggendo con un occhio ma allo stesso tempo cercando furtivamente con l’altro di trovare finalmente da che parte girare la rotellona rossa. E avete anche ragione, ma consentite un ultimo indispensabile capitoletto relativo a cosa sono le sospensioni. Tranquilli, niente di approfondito, ma giusto per sapere almeno che una sospensione è fondamentalmente divisa in due parti: una elastica costituita dalla molla (o dall’aria) e una smorzante nella maggior parte dei casi idraulica e quindi affidata a dell’olio. In parole povere se ci fosse solo la parte elastica, ad esempio un mollone, la sospensione si comprimerebbe efficacemente, ma poi ritornerebbe in posizione in maniera alquanto scomposta per poi continuare allegramente a ballonzolare fino a ritrovare stabilità attraverso motivi e tempi discutibili. Per questo interviene la parte smorzante, che per capire come agisce può essere utile paragonarla ad un salino (mi perdonino i tecnici) dove il sale contenuto è in realtà l’olio mentre i forellini di uscita che attraverso una ghiera possono essere ristretti o addirittura chiusi non sono altro che le regolazioni con cui appunto rallentare o accelerare il passaggio del sale nel piatto oppure, nel nostro caso, dell’olio da una camera all’altra. Il perchè di questo passaggio è paragonabile all’effetto di un salto a piè pari in una pozza (e con questo esempio ci giochiamo tutto...), dove l’acqua non viene compressa ma solo spostata di posizione. Lo stelo che affonda nel fodero praticamente va a occupare il posto dell’olio che, essendo incomprimibile, non può fare altro che spostarsi altrove passando però attraverso i nostri fatidici “buchini” con cui potremo controllarne la velocità e di conseguenza la forza di entrata dello stelo. Ci penserà poi la parte elastica a riportare lo stelo alla posizione iniziale, permettendo all’olio di riprendere possesso del suo alloggio, sempre però attraverso un passaggio obbligato. Ovviamente l’ottenimento del corretto set-up delle sospensioni risulterà facilitato nei modelli dotati di regolazioni efficaci, mentre sospensioni poco evolute o prive di alcuni registri non potranno che evidenziare dei limiti fino ad arrivare nei modelli più economici a risultare instabili anche su rettilinei moderatamente accidentati. Inoltre, particolari sistemi ammortizzanti posteriori che utilizzano schemi atti a ridurre le flessioni in pedalata potrebbero risultare di inusuale e specifica taratura. In questo caso, pur ritenendo che una conoscenza almeno basilare dei dispositivi possa aiutare ad evitare interventi maldestri, non possiamo fare altro che invitarvi a leggere con attenzione le singole specifiche dei relativi manuali di istruzioni.
SAG
Ora che in maniera sommaria abbiamo visto come lavorano le sospension,i è fondamentale sapere quanto lavorano! Non fidatevi dei dati dichiarati, prendete un metro e misurate l’effettiva escursione delle vostre ruote. Nei sistemi ad aria sarà sufficiente sgonfiarli, mentre per gli altri si dovrà necessariamente procedere all’estrazione della molla, operazione comunque piuttosto semplice e relativamente rapida. Se però a livello di forcella sarà sufficiente osservare di quanto affonda lo stelo nel fodero, posteriormente la situazione si fa più complessa e il sistema universalmente adottato è quello di prendere come riferimento la coda della sella e un punto del carro dove, seguendo una linea il più verticale possibile, si andrà a misurare non la corsa reale ma bensì un dato di base su cui poi faremo le nostre valutazioni. A questo punto, riportate in assetto le sospensioni e scaricate totalmente le ghiere di compressione ed estensione, si potrà così passare alla fase di rilevamento del SAG, ovvero la regolazione dell’affondamento delle sospensioni con cui verificare la corretta risposta elastica della molla (o dell’aria) rispetto al peso del biker in ordine di marcia e dunque comprensivo di eventuale casco integrale, protezioni, zaino pieno, ecc. che nel loro complesso possono raggiungere anche alcuni chili supplementari. Ora... ricordate le donne che avete malamente allontanato a inizio operazioni? Beh, fate gli occhioni teneri e andate a recuperarle perchè in questa fase è necessario l’aiuto di una seconda persona. Infatti, con la bicicletta mantenuta il più possibile dritta, dovete salire in sella e rimanendo in piedi sui pedali paralleli dare qualche energica molleggiata di assestamento per poi rimanere immobili e lasciare all’aiutante il compito di misurare l’affondamento di forcella e carro posteriore nei medesimi punti in cui precedentemente avete rilevato l’escursione. Il SAG corretto, ovvero la compressione ottenuta con biker sui pedali, dovrebbe aggirarsi dal 15 al 25% del disponibile, con valori ridotti adatti a modelli front o comunque da cross country, lasciando gli ampi affondamenti per un uso prevalentemente discesistico. L’utilità del SAG infatti è quella di garantire l’aderenza delle gomme anche sui fondi irregolari e quindi sicuramente comprensivi di protuberanze che fanno comprimere le sospensioni, ma anche di buche, rientranze o comunque situazioni di guida dove forcella e ammortizzatore devono avere a disposizione un margine con cui potersi estendere e mantenere l’aderenza necessaria alla corretta conduzione. Qual’ora il SAG non rientrasse nei parametri indicati, sarà necessario ripetere le misurazioni dopo aver agito sul precarico delle sospensioni.
PRECARICO
Precaricare una sospensione significa fornire una maggiore resistenza al crescere del carico, quindi non variando la costante elastica ma solo la sua spinta iniziale. Per dirla in parole semplici torniamo ai nostri esempi forse un po’ strampalati ma estremamente semplici, Immaginando di chiudere una porta verniciata di fresco. Lo smalto seccandosi tenderà ad appiccicare le parti e voi quando andrete ad aprirla vi troverete a dover applicare una certa spinta che varierà con il livello di asciugatura della vernice. La forza applicata però servirà solo a staccare le parti, poi la porta scorrerà normalmente senza intoppi. Il precarico fondamentalmente agisce nello stesso modo, cioè creando una resistenza allo stacco ma non a tutto lo sviluppo della compressione. Molti infatti agendo sulla precarica hanno la sensazione di variare la rigidità delle sospensioni, in realtà viene spostata solo la soglia di inizio affondamento, che in posizione statica sarà principalmente il peso del nostro corpo su sella e manubrio, mentre durante la marcia la valutazione verrà fatta direttamente dalle ruote sugli ostacoli, con sospensioni scariche particolarmente inclini a “partire” anche su irregolarità di pochi mm e altre precaricate che invece rimarranno immobili fino all’arrivo di colpi di una certa entità.
E’ importante sottolineare che il massimo della funzionalità viene raggiunto con la minore precarica possibile e che se disponiamo di una molla troppo tenera o troppo dura, pur agendo su tarature e regolazioni varie, non otterremo mai una sospensione che lavora correttamente. Solitamente di serie vengono montate delle molle medie che in abbinamento con il sistema impiegato offrono una resistenza ad un peso di circa 70 kg, che ad ogni giro completo di precarica forniscono una ulteriore resistenza pari a circa 5 kg. Molle differenti possono comunque essere richieste come after market seppur con un costo aggiuntivo di alcune decine di euro. Tutto si fa invece più semplice nei sistemi ad aria, dove con una pompa (generalmente ad alta pressione) è possibile variare con estrema semplicità la risposta del precarico in base al peso del biker. Da non sottovalutare mai la sincronia di azione di anteriore e posteriore, con differenti livelli di precarico che potrebbero portare a malfunzionamenti e variazioni di altezza e quindi assetto. Un piccolo accorgimento da pro è invece quello di valutare un precarico e relativo SAG che sui terreni particolarmente fangosi oltre al peso del biker tenga conto di un possibile aumento dovuto all’accumulo di fango, che in casi estremi può arrivare a sfiorare il kilo di zavorra aggiuntiva.
COMPRESSIONE
C’è una diatriba aperta sul fatto se sia meglio cominciare le regolazioni dinamiche dalla compressione o dall’estensione. Molti costruttori di sospensioni per bici raccomandano di partire dall’estensione, mentre nel settore moto si consiglia esattamente l’opposto. Il fatto è causato da differenti interpretazioni delle priorità rispettivamente sui mezzi a propulsione umana o a motore, ma in considerazione del fatto che questo articolo potrebbe interessare maggiormente gli amanti della discesa rispetto agli agonisti del cross country, ci assumiamo la responsabilità di propendere per il sistema motociclistico e dopo aver regolato SAG e precarico spostiamo il nostro interesse sul livello di compressione. Prima però è indispensabile applicare una fascetta plastica sullo stelo oppure, nel caso di ammortizzatori a molla, tracciare una riga a pennarello (non indelebile, ideali gli evidenziatori) o spalmare un filo di grasso che ci permetterà di valutare con chiarezza l’effettivo lavoro delle sospensioni.
INDISPENSABILE PER UNA CORRETTA VALUTAZIONE DELL’ESCURSIONE,
UNA SEMPLICE FASCETTA PLASTICA DA ELETTRICISTA SU UNO STELO
RENDERà IMMEDIATA LA CORSA EFFETTUATA E LA DISTANZA DAL FINE CORSAA questo punto l’ideale sarebbe disporre di un mini percorsino di pochi minuti comprendente parti dissestate, salitelle, curve, frenate ma soprattutto un salto o gradino che rappresenti in nostro teorico massimo livello di affondamento e su cui, con il casco ben allacciato, andremo a realizzare le nostre prove pratiche. Lo scopo della compressione è infatti quello di trovare un compromesso tra la sensibilità iniziale sui piccoli urti, senza però per questo incorrere in continui fondo corsa in presenza di colpi più consistenti. Al contrario quindi di SAG e precarica che agiscono sulla fase iniziale dell’escursione, con la compressione siamo passati ad analizzare la parte smorzante e di conseguenza la zona finale dell’affondamento.
Generalmente caratterizzata da ghiere poste sulla testa delle forcelle oppure da elementi di colore blu sugli ammortizzatori (oltre ovviamente da valvole nei sistemi ad aria), la compressione svolge un lavoro di frenatura dell’azione ammortizzante, con i simboli + e - che tramite rotazione oraria segnalano il livello di resistenza all’affondamento. Anche in questo caso è un errore abbastanza frequente quello di temere eccessivamente i fondocorsa e regolare la compressione in modo da sfruttare solo parte dell’escursione disponibile. Se dopo aver regolato correttamente il SAG il giro sul nostro percorsino prova ha portato i riferimenti a non più di 20/30 mm dal fine corsa, significa che abbiamo una compressione eccessiva, mentre se al contrario sono stati rilevati dei bruschi fine corsa bisognerà aumentare di qualche click (è sempre meglio procedere a piccoli passi) la frenatura dell’affondamento. In particolari modelli di alta gamma esiste inoltre la possibilità di personalizzare ulteriormente la compressione attraverso differenti registri per alte e basse velocità, dove però per velocità non si intende quella di marcia, ma bensì la rapidità di affondamento delle sospensioni che potrebbe anche risultare elevatissima in condizioni di bici quasi ferma o viceversa.
UN CLASSICO COMANDO DELLA COMPRESSIONE PER ALTE E BASSE VELOCITà,
SU CUI PER MEMORIZZARE E FACILITARE LE TARATURE è POSSIBILE FARE
DEI RIFERIMENTI CON DELL’ADESIVO O CON UN PENNARELLO INDELEBILEAd esempio un drop affrontato con stile trialistico potrebbe richiedere un deciso intervento di chiusura della compressione dell’alta velocità, al contrario dello schiacciamento di percorrenza di una curva veloce dove la progressività di azione interesserà maggiormente la bassa velocità d’affondamento che potrà venire allentata e quindi sensibilizzata senza per questo intaccare la precedente regolazione per le alte velocità.
TENDENZIALMENTE SOTTOVALUTATE IN CURVA, LE SOSPENSIONI DEVONO GARANTIRE UNA VALIDA FASE DI
STACCATA E USCITA, OLTRE OVVIAMENTE AD UNA VELOCITà DI PERCORRENZA PRIVA DI PERDITE DI TRAIETTORIAESTENSIONE
Avete un SAG perfetto, una precarica quasi nulla e una compressione che permette di sfruttare efficacemente dal primo all’ultimo millimetro di escursione ma trovate la bici inguidabile? Niente paura, è tutto normale! Manca infatti la fondamentale regolazione dell’estensione che, al contrario delle operazioni svolte fino ad ora dedicate esclusivamente all’affondamento, si occupa di frenare l’altrimenti incerto ritorno in posizione distesa. Posta generalmente al di sotto di un fodero forcella e contraddistinta da una ghiera rossa sull’ammortizzatore (oltre come sempre alle valvole per i sistemi ad aria), l’estensione va regolata in funzione di quanto fatto con l’elemento elastico, dove sostituzioni di molla o variazioni di precarico e pressione dell’aria renderanno necessario una parallela modifica alla frenatura del ritorno per evitare che, come nello squash, ad un aumento della forza di affondamento corrisponda una conseguenziale violenza di ritorno capace di innescare scompensi di assetto. E’ quindi facile intuire che, insieme ai primi cm di corsa dell’elemento elastico, l’estensione è una delle principali responsabili dell’aderenza delle gomme sul terreno e che di conseguenza una sua taratura approssimativa può innescare fenomeni capaci di mandare in crisi l’intero sistema. Ad esempio percorrendo a discreta andatura un tratto particolarmente accidentato come potrebbe essere una scala naturale, a fronte di una escursione totale di 100 mm al contatto del primo gradino le sospensioni potrebbero comprimersi del 50% e se l’estensione non è abbastanza rapida a ridistendere il sistema ecco che nell’impatto con il secondo gradino ci si potrebbe trovare nella situazione di avere a disposizione solo 70 mm che pur a parità di ostacolo presenterebbero differenze di comportamento. Ma è con il susseguirsi in rapida successione degli altri gradini che la situazione peggiorerebbe fino ad arrivare nella parte finale della scalinata ad avere le sospensioni a pacco e la bicicletta che rimbalza come un sasso. Al contrario un ritorno eccessivamente sfrenato provocherà delle reazioni talmente brusche che la sensazione di guida alla fine non si discosterà molto da quella rilevata poco sopra, con una riduzione dell’aderenza e possibilità di scarti improvvisi delle ruote. Per determinare la corretta regolazione dell’estensione a livello statico, bisognerà agire prima sull’anteriore e poi sul posteriore, azionando i freni e dando qualche energica pompata di assestamento dopo di che, sempre tenendo il freno, lasciare la sospensione libera di estendersi. Se tutto è ok raggiungendo la fase di massima estensione la sospensione non deve risultare ne troppo lenta ne troppo secca, ma spetterà principalmente alle sensazioni di guida dinamiche l’ultima parola, in relazione soprattutto al terreno e allo stile di guida. Nonostante a livello mentale il corretto funzionamento di una sospensione venga spesso collegato con la fase di affondamento, vi sorprenderà notare come invece raggiungendo una adeguata taratura dell’estensione si possa avvertire una piacevole sensazione di stabilità e copiatura degli ostacoli.
A VOLTE NEPPURE NOTATA, L‘IMPORTANTE GHIERA PER L’ESTENSIONE
SOLITAMENTE SI TROVA ALLA BASE DEGLI STELIASSETTO
Considerando che in linea di massima l’escursione del posteriore dovrebbe essere superiore all’anteriore di un paio di cm, vale la pena analizzare anche come, ottenuta una corretta taratura delle sospensioni, sia profìcuo lavorare sull’assetto globale del mezzo. Per cominciare è sempre della massima utilità cercare di ottenere il miglior bilanciamento possibile tra anteriore e posteriore, ponendosi a lato della bici e premendo con un piede sul pedale abbassato in modo da fare affondare le sospensioni e di conseguenza poter valutare il necessario parallelismo sia della fase di compressione che di quella di estensione. A questo punto siete pronti a partire, anche se vi sarete resi conto di come le ghiere di precarico, compressione ed estensione vengono realizzate di facile utilizzo manuale proprio per dare la possibilità all’utente di variarne la risposta in base alle esigenze del momento e quindi anche direttamente nel mezzo di una uscita. Se infatti vi ritrovate a pedalare su un’erta salita accidentata (se fosse asfaltata l’ideale sarebbe il blocco), potrebbe tornare utile ammorbidire il freno di compressione e rallentare l’estensione con cui limitare l’effetto ondeggiamento. Il discorso sarebbe contrario invece percorrendo lo stesso tratto in discesa, dove il rischio di fondocorsa farebbe optare per una compressione tendenzialmente caricata e un ritorno veloce che sappia adattarsi repentinamente agli ostacoli. Particolare invece la taratura per i classici drop del freeride, con compressione ed estensione tutte chiuse per assorbire i tremendi urti ed evitare ritorni capaci di sbalzare il biker di sella. Anzi, considerando che generalmente è la ruota posteriore che alzandosi in rilascio crea la ribaltata, i più pignoli potranno togliere un paio di click di frenatura in estensione dell’anteriore per meglio contrastare e schiacciare a terra il posteriore. Simile il set up anche per chi ama saltare, anche se in questo casa alla rigidità di affondamento può abbinarsi un ritorno più libero con cui “pompare” in ingresso rampa e sfruttare l’effetto elastico per andare ancora più in alto.
VERO BANCO PROVA PER LA COMPRESSIONE, LE SITUAZIONI DI ATTERRAGGI SECCHI TIPO DROP NECESSITANO
ANCHE DI UNA ATTENTA REGOLAZIONE DELL’ESTENSIONE CAPACE DI ASSORBIRE EVENTUALI REAZIONI VIOLENTELE 10 REGOLE D’ORO
1- Non esiste la taratura perfetta, esistono solo le tarature sbagliate
2- Non basarti mai sulla taratura dell’amico
3- Non commettere operazioni azzardate se non sei in grado
4- Nella taratura procedi sempre per gradi
5- Sospensione anteriore e posteriore devono lavorare in sincronia
6- Ricordati che il tuo peso reale è quello in assetto di marcia
7- Ogni sistema ammortizzante ha differenti caratteristiche
8- Varia la taratura in base al percorso che affronti
9- La regolazione delle sospensioni è sempre un compromesso
10- Prima di desiderare una sospensione nuova impara a tarare la vecchiaEdited by TKid - 22/7/2010, 12:47